Scrivere coi cinque sensi: se descrivi solo con gli occhi, sei cieco
- Gerardo Fortino
- 10 apr
- Tempo di lettura: 2 min

Perché la scrittura vera si sente sulla pelle, non si guarda e basta
Scrivere con i cinque sensi: Il mondo non lo vivi solo con gli occhi. Lo ascolti quando ti urlano dietro nel traffico. Lo annusi quando entri in un bar e senti il puzzo di fritto marcio e birra sgasata. Lo tocchi quando ti siedi su una sedia scomoda e senti ogni vite infilata sotto il culo. Lo assapori quando ti dimentichi il sapore del caffè perché era quello della notte prima. E allora perché scrivi solo quello che vedi?
Descrivere solo con la vista è come fare l’amore con la luce spenta e senza toccare. Può funzionare, ma non diciamo che è il massimo.
Chi scrive deve usare tutti i sensi. Vista, udito, tatto, olfatto, gusto. Ogni scena può esplodere o morire a seconda di quanti sensi ci metti dentro. Se usi solo uno, hai scritto una foto. Se li usi tutti, hai fatto un film sporco e pieno di vita.
Come scrivere con i cinque sensi senza sembrare un poeta da cioccolatini
Vista: non limitarti a dire cosa c’è. Mostra cosa urla.
Non scrivere solo “c’era una stanza con un tavolo”. Scrivi “Il tavolo aveva graffi lunghi come bestemmie incise da anni di mani nervose. Una gamba traballava come se fosse ubriaca.”
Udito: il silenzio fa più rumore di mille parole
Ogni scena ha un suono. Anche se è il suono del nulla.
Sentiva il ticchettio dell’orologio come se ogni secondo lo accusasse di non essere ancora morto.
Olfatto: l’odore è il ricordo più bastardo
Scrivere un odore è tirare fuori fantasmi. Il puzzo di sudore acido. Il profumo di borotalco della nonna. Il tanfo di paura dentro la stanza.
Tatto: la pelle è il primo testimone
Com’era quella sedia? Gelida come un funerale? Ruvida come una coscienza sporca? La pelle sa più cose del cervello. Fallo sentire.
Gusto: anche l’amaro ha parole
Il sangue ha sapore. Le sigarette pure. Anche il rimpianto. “Aveva in bocca il sapore della rabbia non detta. E del caffè dimenticato.”
Un esempio vivo, sporco e vero
Il vicolo puzzava di piscio secco e nostalgia. Le pareti sudavano umidità e le voci dei barboni si confondevano coi clacson lontani. Ogni passo lo sentiva sotto la scarpa come se calpestasse un passato che non era suo. Aveva il sapore di metallo in bocca. Forse sangue. Forse solo paura.
La scrittura deve essere sudore, odore, peso. Deve far male ai polsi, far venire sete. Non si legge solo con gli occhi, si legge con la pelle, le orecchie, il naso, la lingua.
Se il tuo lettore riesce a sentire l’odore della scena o il sapore della sconfitta, hai vinto. Se vede solo un bel paesaggio, bravo. Hai fatto una cartolina. E la cartolina, amico mio, non l’ha mai cambiata nessuna storia.
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