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Ernest Hemingway e la tecnica dell'Iceberg: l'arte di dire (quasi) niente

  • Immagine del redattore: Gerardo Fortino
    Gerardo Fortino
  • 20 mar
  • Tempo di lettura: 3 min

Tecnica dell'iceberg
Immagine generata con AI

Quando parliamo di Ernest Hemingway, generalmente ci vengono in mente due cose: una è la barba folta, l'altra è la capacità sovrumana di trasformare una frase brevissima in un mistero più profondo dell'origine dell'universo. Personalmente, devo ammetterlo, mi viene anche sempre in mente quella scena di "Midnight in Paris" girata da Woody Allen al bistrot: Hemingway che parla di coraggio, morte e disperazione con un'intensità tale che anche ordinare un espresso sembra una questione di vita o di morte. Ed è esattamente così che Hemingway voleva fosse: semplice in superficie, enigmatico in profondità — proprio come un iceberg.


Tecnica dell'Iceberg: Origini giornalistiche di una rivoluzione minimalista


Death In The Afternoon

La cosiddetta "Teoria dell’Iceberg"— il nome originale era proprio quello, mica roba inventata da qualche critico con un debole per il Titanic — è una tecnica narrativa introdotta ufficialmente da Hemingway nel suo saggio "Death in the Afternoon" (1932), dove scrisse, con quella sicurezza disarmante tipica dei geni un po' burberi: «Se uno scrittore conosce abbastanza bene ciò di cui sta scrivendo, può omettere le cose che conosce, e il lettore, se lo scrittore scrive con sincerità sufficiente, percepirà queste cose con altrettanta forza, come se fossero state dette».


In sostanza, Hemingway credeva fermamente che la vera forza di una narrazione risiedesse in tutto ciò che si decideva di non dire, piuttosto che nel riversare dettagli come ketchup su patatine fritte troppo cotte. Niente salse letterarie, niente abbondanza inutile: solo l'essenziale. Lo scrittore doveva mostrare al lettore soltanto "la punta dell'iceberg", lasciando il resto — il novanta per cento più interessante — sott'acqua, invisibile ma incredibilmente presente. Come un conto bancario svizzero, ma molto più intellettuale.


Ora, questo metodo non nacque perché Hemingway amasse particolarmente gli iceberg (anche se immagino che, con la sua passione per caccia e pesca, un iceberg qua e là lo abbia pure incrociato). In realtà, la tecnica nacque durante il suo periodo da giornalista. Hemingway fu inviato a Parigi come corrispondente del "Toronto Star" negli anni '20, periodo in cui maturò lo stile diretto, essenziale e, diciamocelo pure, quasi brutalmente sincero che avrebbe segnato per sempre la letteratura. Fu proprio questa esigenza giornalistica di riportare i fatti senza troppi fronzoli — unita a qualche bicchiere di troppo nella Parigi della "Generazione Perduta" — che lo portò a eliminare dettagli inutili, lasciando al lettore il compito (forse ingrato, forse affascinante) di decifrare tutto ciò che non veniva detto.


Il vecchio e il mare

Ma non prendiamoci in giro: adottare la tecnica dell’iceberg non è cosa semplice, anche se alcuni pensano basti togliere avverbi qua e là per sentirsi Hemingway. La realtà è ben diversa: ci vuole un talento quasi soprannaturale per creare un vuoto che risulti più significativo di mille parole. Prendiamo ad esempio "Il vecchio e il mare". In superficie, una storia semplicissima: vecchio, mare, pesce grande, sfortuna cosmica. Ma sotto quella superficie c'è l'intero spettro delle lotte umane — la solitudine, il coraggio, la disperazione, la dignità — tutto perfettamente implicito, tutto meravigliosamente sottinteso.


In definitiva, Hemingway ci ha insegnato una cosa fondamentale: a volte la magia più grande risiede in ciò che scegliamo di non mostrare, e che proprio lì, in quella oscurità, il lettore trova spazio per emozionarsi, perdersi e, se è fortunato, persino trovarsi. È vero, forse non è il modo più diretto di raccontare una storia — ma chi ha mai detto che gli iceberg siano semplici da navigare?


Ah, dimenticavo. Se dopo tutto questo ancora pensate che la tecnica dell'Iceberg sia facile, provate voi a raccontare in sei parole una storia capace di spezzare il cuore: "In vendita: scarpette per bambini, mai usate." Ecco, ve l'avevo detto che non era facile.


 

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